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è la fine della Matematica?

da un articolo di Federico Peiretti
La Stampa, 19-03-2003

Jonathan Swift nei suoi «Viaggi di Gulliver» colloca i matematici su Laputa, un'isola volante che viaggia tra le nuvole, e li presenta come persone talmente distratte e perse nei loro pensieri  da aver bisogno di essere sempre accompagnate da un "flagellatore" il quale, per riportarli alla realtà, ha il compito di percuoterli delicatamente sugli occhi o sulle orecchie, con una piccola verga in cima alla quale è legata una vescica piena di piselli vecchi. Oggi nell'immaginario collettivo i matematici sono sempre persone tra le  nuvole, ma li dovremmo collocare sul «Titanic», e ci vorrebbero ancora i "flagellatori" per richiamare la loro attenzione sul disastro incombente, il rischio di non avere più studenti. All'Università il numero degli iscritti a Matematica continua a calare e ha già provocato, in alcuni casi, la chiusura degli stessi corsi di laurea. È una crisi che ha colpito non soltanto il nostro paese ma quasi tutto il mondo.

Come si è arrivati a questa situazione? Il primo crollo delle iscrizioni è degli anni 70, quando inizia la diffusione dei personal computer e l'Informatica viene separata dalla Matematica. ... L'emorragia degli iscritti non si è più fernata e prosegue ancora oggi.

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Ma siamo al paradosso. La Matematica, nel momento di minimo interesse da parte di chi non è matematico, sta vivendo una nuova età dell'oro. Molti matematici ritengono che il momento attuale sia paragonabile al periodo dei grandi geometri greci o al secolo di Newton e Leibniz. ...

Il basso numero di iscritti a Matematica ha anche i suoi vantaggi. Gli studenti sono più seguiti, non ci sono lezioni caotiche in aule stracolme e più del 90% dei laureati trova impiego entro il primo anno dalla laurea. ...

Conseguenza di questa situazione è la carenza di insegnanti di Matematica professionalmente preparati, indispensabili specialmente a livello di scuola secondaria superiore. I danni per la scuola sono immaginabili e, nell'emergenza, è stato necessario accettare in cattedra docenti con lauree diverse, senza alcuna preparazione specifica.

Purtroppo ci pare sia ampiamente giustificato lo studente che esce dalle superiori odiando la matematica e la relativa facoltà universitaria. Ha ragione perché la matematica che gli è stata presentata è noiosa, inutile e decisamente poco attraente. Dobbiamo anche dire che l'Università non ama la didattica: ai fini della carriera accademica i meriti didattici valgono ben poco.

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Per rendersi conto della condizione disastrosa dell'insegnamento della Matematica, basta un'occhiata ai programmi, ancora fermi all'Ottocento, passati attraverso l'"insiemistica" e, almeno per ora, anche attraverso la rivoluzione informatica senza cambiamenti sostanziali. Le poche innovazioni introdotte non hanno mai avuto effetto pratico sul lavoro in classe. I libri di testo sono uno specchio fedele della matematica che si insegna nelle nostre scuole: i più adottati, i best seller, sono manuali infarciti di esercizi ripetitivi e assurdi. Il manuale d'uso della lavatrice è più attraente o almeno più utile.

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Che fare? ... l'insegnante dovrebbe essere pronto a cambiare, oltre ai programmi, il proprio ruolo. Non sarebbe più il custode di un sapere immutabile ed eterno, da trasmettere dalla cattedra, ma dovrebbe essere disponibile a scendere fra gli studenti per scoprire insieme nuove idee e nuove soluzioni. La matematica deve essere vista come prodotto del pensiero, e quindi storicamente collocata, influenzata da chi la studia e da chi la insegna. Il punto focale si sposta dalla presentazione di "ciò che si conosce", da parte dell'insegnante, all'indagine di "ciò che non si conosce" da parte dello studente. Solo in questo modo si possono sviluppare le capacità critiche degli studenti.

Possiamo dire, in conclusione, che si deve passare dalla matematica del calcolo a quella del ragionamento. È necessaria una grande rivoluzione culturale, che si potrà attuare soltanto se tutti avranno coscienza del problema, i politici, i docenti come gli studenti e i genitori, che dovrebbero preoccuparsi maggiormente di quale preparazione venga data ai loro figli.

pagina pubblicata il 06/03/2003 - ultimo aggiornamento il 01/09/2003