Lo spazio dedicato allo studio dei radicali nella scuola media superiore è, a nostro avviso, assolutamente spropositato in relazione all'importanza sia teorica che pratica dell'argomento. Mancano invece, abitualmente, alcune considerazioni che riteniamo di grande importanza.
Che cosa si intende in genere con radicale? Il concetto
nasce dalla necessità di risolvere equazioni del tipo
xn = b, ove n è un numero
naturale maggiore di 1 e b è un numero reale
positivo (il caso di b negativo, con n
dispari, crea solo problemi e preferiamo evitarlo, almeno in
queste considerazioni informali). Come è noto con la
scrittura si indica
l'unica soluzione (positiva se n è pari)
dell'equazione proposta (se n è pari
l'equazione proposta ha in realtà due soluzioni
opposte e precisamente ±
).
La definizione più naturale di radicale è dunque
quella di un numero reale del tipo , essendo b un numero reale
positivo. Nelle applicazioni ha però interesse solo il
caso che b sia un numero razionale e si usa di solito
il termine radicale solo per oggetti di questo tipo più
ristretto. In considerazione della nota proprietà
, ci si
può addirittura ridurre a chiamare radicali solo gli
oggetti del tipo
, ove
b è un intero positivo, e così faremo noi
nel seguito.
La cosa importante relativa all'insieme dei radicali, considerati come sottoinsieme dei reali, è che questo insieme non è chiuso rispetto alle quattro operazioni, in particolare rispetto all'operazione di somma. Ci si può facilmente rendere conto di questo fatto considerando il seguente
Esercizio: Provare che non esiste un
intero positivo a, tale che .
Dunque non si potrà mai sperare di semplificare un'espressione contenente le quattro operazioni con radicali in modo da ottenere un semplice radicale. La cosa è completamente diversa con il caso delle frazioni: qualunque espressione contenente le quattro operazioni con frazioni può sempre essere semplificata ad un frazione.
E allora a che cosa serve insistere così tanto sui radicali? Verrebbe da rispondere: a poco o, meglio ancora, a nulla.
C'è però una osservazione da fare.
Consideriamo l'espressione e supponiamo di voler approssimare
con due cifre decimali
esatte, ovvero con 1.41. Possiamo eseguire l'approssimazione
prima di svolgere il quadrato, oppure dopo, ottenendo,
rispettivamente:
Come si nota, dopo un solo passaggio si ha già una differenza di approssimazione sulla seconda cifra decimale. Con un po' di pazienza, e una calcolatrice a disposizione, si può facilmente vedere che la seconda approssimazione è migliore della prima: un calcolo con più cifre fornisce infatti il seguente risultato: 5.828427125...
E' questo il motivo vero per cui si imparano ad eseguire certe semplificazioni sui radicali: è meglio, in espressioni che li contengono, ridursi a forme semplici e in particolare contenenti solo somme, in quanto così gli errori di approssimazione non si ingigantiscono troppo. Per questo, per esempio, si studiano le famigerate razionalizzazioni del denominatore.
Per un giusto equilibrio sarebbe però da tenere presente
che, anche con tecniche molto sofisticate, non si riesce quasi
mai nell'intento di ridursi ad espressioni contenenti solo
somme. Provate a razionalizzare , se non ci credete!
Allora: Adelante si con i radicali, ma con juicio!