Il logo di batmath
www.batmath.it

Matematica ed eurocentrismo

E' indubbio che una gran parte della moderna cultura scientifica, in particolare nel campo della matematica, è derivata dal pensiero greco. Lo si può constatare perfino nella maggior parte dei termini di uso comune (parallelogramma - parallelògrammon, logaritmo - lògos+arithmòs, ecc.). Successivamente i più grandi contributi allo sviluppo della matematica sono dovuti quasi tutti a "eredi di quella cultura", cioè a matematici europei o comunque di origine europea. Basta provare a sfogliare l'indice di un qualunque testo di storia della matematica per rendersene conto.

Prendiamo come esempio il classico testo di Boyer (vedi bibliografia): su 27 capitoli, sono dedicati a matematiche "non europee" solo i seguenti:
01 - Le origini (breve capitolo a carattere introduttivo).
02 - L'Egitto (ma l'Egitto può, in questo contesto, essere ritenuto extraeuropeo?).
03 - La Mesopotamia (stessa considerazione fatta per l'Egitto).
13 - L'egemonia araba.
Solo saltuariamente ci sono alcuni riferimenti alle altre culture.

Non intendiamo assolutamente negare l'evidenza storica, ma ci pare opportuno segnalare che, in particolare nella nostra era di globalizzazione, andrebbero evidenziati anche i contributi di altre culture allo sviluppo del pensiero scientifico. A questo proposito suggeriamo la lettura di un interessante libro che cerca di riportare un po' di equilibrio nello studio della storia della matematica: Gheverghese George Joseph, C'era una volta un numero - La vera storia della matematica, trad. di Barbara Mussini, Il Saggiatore, Milano, 2000.

Riportiamo qui, per rendere l'idea del contenuto del libro, la presentazione in ultima di copertina.

Nel corso di un'ampia panoramica sulla storia delle matematiche non europee, George Gheverghese Joseph, oltre ad illustrarci le motivazioni (spesso legate al culto o all'osservazione astronomica) che hanno indotto molte civiltà ad approfondire la riflessione sui numeri, espone con grande evidenza un assunto fondamentale: il sapere matematico è patrimonio comune di tutta l'umanità, e il suo progresso non può essere rivendicato in esclusiva da nessuna tradizione culturale. Una riprova è costituita dal nostro stesso sistema di numerazione in base decimale, comprendente l'importante e tutt'altro che banale invenzione del  "numero" zero. Tale sistema fu elaborato dalle scuole matematiche indiane vediche all'alba del I millennio d.C.; introdotto in area araba verso il X secolo, venne reso noto in ambiente europeo nel XIII e riuscì ad affermarsi definitivamente da noi all'inizio dell'età moderna, vale a dire soltanto cinque secoli fa. La numerazione in base sessagesimale, messa a punto in Mesopotamia, è invece il fondamento del nostro computo del tempo e dell'attuale misurazione degli angoli.
Gli antichi egizi e i babilonesi, l'Africa, la Cina e le civiltà precolombiane: il campo d'indagine di questo libro è vastissimo. L'intento del suo autore, però, non è soltanto di dimostrare come alcune alcune importanti scoperte della tradizione matematica occidentale (dal teorema di Pitagora al calcolo infinitesimale di Newton) siano state precedute da altrettante formulazioni non europee, ma anche di spiegare come ogni semplice operazione aritmetica sia il frutto di una stratificazione storica e concettuale complessa. Una prospettiva rivoluzionaria che, assieme ad un linguaggio accessibile anche ai non specialisti, fa di C'era una volta un numero un'opera fondamentale nell'ambito della divulgazione scientifica.

Buona lettura!

pagina pubblicata il 14/04/2004 - ultimo aggiornamento il 01/12/2011