Il problema in questione può essere formulato, usando il linguaggio della geometria, in questo modo:
Costruire, con riga e compasso, un
quadrato equivalente ad un cerchio di dato raggio.
Tenendo conto che si può provare che un cerchio è equivalente ad un triangolo avente per base la circonferenza e per altezza il raggio, il problema della quadratura è ovviamente equivalente a quello della rettificazione della circonferenza, ovvero della determinazione del rapporto tra la circonferenza e il suo raggio (o il suo diametro). In sostanza indicato con π il rapporto C/d, tra la circonferenza e il diametro di un cerchio qualunque, si tratta di costruire un segmento lungo π, a partire dal segmento unità.
Il problema ha origini antichissime. Riportiamo qui di seguito alcune delle "soluzioni" adottate.
Nella Bibbia (Libro I dei Re, 7, 23) si afferma che
Salomone commissiona a Chiram di Tiro un bacino di bronzo, del
quale sono indicate le misure: "Fece un bacino di metallo
fuso di dieci cubiti da un orlo all'altro, rotondo; la sua
altezza era di cinque cubiti e la sua circonferenza di trenta
cubiti". [Questo implica che π è approssimato a
3].
Sempre nella Bibbia (Libro II della Cronache, 4, 2) si
trova la stessa approssimazione "...fece la vasca di
metallo fuso del diametro di dieci cubiti, rotonda, alta cinque
cubiti; ci voleva una corda di trenta cubiti per cingerla".
Nel papiro di Rhind lo scriba Ahmes (ca. 2000 a.C.)
avanza l'ipotesi che l'area di un campo circolare con un
diametro di 9 unità sia uguale all'area di un
quadrato di lato otto unità: ciò significa
adottare per π il valore (16/9)2, cioè
circa 3.16049, una ottima approssimazione. Non abbiamo alcuna
indicazione se Ahmes fosse consapevole del fatto che questa
uguaglianza era solo approssimata: una delle costanti che si
ritrovano in quello che ci è pervenuto della geometria
egiziana è la mancanza di una netta distinzione tra
relazioni esatte e relazioni solo approssimate, e ciò
è strettamente legato al fatto che il concetto di
"dimostrazione geometrica" era ancora ben lungi
dall'essere acquisito.
I Babilonesi adottavano generalmente
l'approssimazione (che già abbiamo visto nella
Bibbia) π
3, ma in
una tavoletta scoperta a Susa nel 1936 è stata trovata
una interessante tabella (era una predilezione dei babilonesi
quella di costruire tabelle) contenente i rapporti fra le aree e
i quadrati dei lati dei poligoni regolari di tre, quattro,
cinque, sei e sette lati: i valori riportati sono spesso esatti
fino alla seconda cifra. Nella stessa tavoletta viene riportato
il rapporto tra il perimetro dell'esagono e la misura della
circonferenza: la traduzione in notazione moderne porta a
concludere che l'approssimazione utilizzata per π fosse
π
3+(1/8),
un valore abbastanza buono.
Le migliori tecniche per calcolare valori approssimati
di π si basano sull'approssimazione di un cerchio con
poligoni regolari inscritti e circoscritti. Archimede (282-212
a.C.), usando un poligono di 96 lati giunge al seguente
risultato:
che può anche essere scritto
. Questo risultato, esatto fino alla seconda
cifra, è presentato nella Proposizione 3 del trattato
Sulla misurazione del cerchio.
Probabilmente la miglior approssimazione raggiunta
nell'antichità è quella di Claudio Tolomeo
che, nell'Almagesto, circa 150 d.C., propone il
valore 377/120 (circa 3.14166), ottenuto utilizzando il poligono
regolare di 720 lati: il passaggio da 96 a 720 lati ha provocato
l'aumento di una sola cifra nella precisione!
Un valore sostanzialmente identico a quello di Tolomeo
viene proposto nel Pauliśha Siddhānta, opera
di astronomia indiana, datata intorno al 380 circa d.C., e che
ha probabilmente subito notevolmente gli influssi della
matematica alessandrina. Il valore proposto è 3+177/1250.
Ancora valori sostanzialmente identici sono proposti
dall'indiano Aryabhata, operante intorno al 500, che usa
anche il valore
.
Citiamo anche, solo per ammirare la pazienza di calcolo
di questi studiosi, i risultati di Viéte (1540-1603) che
dette 9 cifre decimali esatte usando un poligono di
6·216 lati, dell'olandese Adriaen von
Roomen (1561-1615) che arrivò a 15 cifre decimali con un
poligono di 220 lati e, infine, di Ludolph von Ceulen
(1539-1610) che spinse il calcolo fino a 35 cifre decimali
esatte!
I calcoli divennero decisamente più semplici e veloci con l'avvento delle tecniche dell'analisi moderna e in particolare con le frazioni continue, le serie e i prodotti infiniti. E' proprio utilizzando queste nuove strategie che si arriva prima alla dimostrazione dell'irrazionalità di π e successivamente della sua trascendenza. La sola irrazionalità non poteva garantire l'irrisolubilità del problema della quadratura del cerchio: anche √2 è irrazionale, ma banalmente costruibile come diagonale del quadrato di lato 1. Molti dei risultati citati sono legati alla scoperta di Eulero dei legami tra i due numeri più "famosi" della matematica, e e π, legami esprimibili nella nota formula eiπ+1=0. I personaggi più famosi di questa storia sono:
Naturalmente i loro risultati poggiano anche sugli studi di molti altri matematici del tempo. Le dimostrazioni sono state successivamente semplificate con il contributo di numerosi altri studiosi. Nonostante questi risultati, ci sono ancora tentativi di quadrare il cerchio con riga e compasso: che non sia un po' come la pietra filosofale che, nonostante l'evidenza, fu cercata anche da eminenti scienziati, del calibro di Newton per esempio?